Introduzione
Negli ultimi 50 anni il progresso scientifico ha determinato in medicina modificazioni sempre più rapide nel modo di concepire, di conoscere e pertanto di curare le malattie.
Ciò è tanto più vero per la psichiatria, che nel 1952 è stata rivoluzionata dalla sintesi con la clorpromazina (Largactil) di farmaci in grado di influire positivamente sulle patologie psichiatriche.
La possibilità di modificare e normalizzare stati d’animo anomali, togliere il dolore psichico, la disperazione, restituire la serenità, la dignità, il piacere di vivere mediante sostanze chimiche sintetizzate in laboratorio fa degli psicofarmaci una scoperta certamente non meno importante di quella degli antibiotici.
La malattia psichiatrica, che in alcuni casi è come una sbornia senza alcolici che può durare una vita, interessa, coinvolge, modifica l’individuo nella sua essenza personologica, nella sua interiorità, e non si limita, come nelle altre patologie, ad un organo, ad un apparato, estranei comunque all’Io.
Pertanto il danno che ne deriva è assai più complesso e globale, alterando le capacità critiche e la consapevolezza di malattia del soggetto e rendendo il malato, nei casi più gravi, pericoloso per sé e per gli altri, quindi bisognoso di assistenza continua.
Il problema terapeutico è tutto speciale e complesso perché non riguarda solo l’intervento farmacologico o chirurgico come nelle altre patologie, ma anche quello psico e socio-terapeutico; peraltro questi interventi non vanno considerati alternativi, ma vanno integrati in diversa combinazione e magari in tempi diversi secondo la forma psichica da curare.
Relativamente all’intervento psicofarmacologico, inoltre, manca oggi la possibilità di obiettivare in dati numerici e morfologici le alterazioni biochimiche e strutturali che stanno alla base delle singole malattie; pertanto non è possibile impostare una terapia razionale scientifica guidati da un laboratorio che in psichiatria è tutto da inventare.
Si aggiunga poi che, a differenza degli altri farmaci, gli psicofarmaci hanno la singolare caratteristica di indurre nei malati risposte troppo spesso personalizzate (anche in stretta relazione col dosaggio utilizzato), talora imprevedibili o paradosse.
Il concorrere nella genesi dei diversi disturbi psichici anche di fattori psicologici conflittuali ed ambientali in una misura differente e sconosciuta nelle altre patologie viene a complicare ulteriormente la gestione della terapia.
Pertanto, apparentemente in modo legittimo e consequenziale, la malattia psichica viene riferita a cause dell’esistenza erratamente enfatizzate, viene cioè motivata; dalla risoluzione di queste cause si fa semplicisticamente dipendere la soluzione della malattia.
La Casa di Cura “Le Betulle”, tratta questo tipo di patologia da oltre 40 anni.
I vari servizi psichiatrici si valgono della direzione di esperti professionisti: tra gli altri, la dott.ssa Guida per i disturbi dell’umore, il dott. Roberto Bertolli e il dott. Furio Ravera per i disturbi da abuso di sostanze; il dott. Michele Sforza per l’alcologia; il dott. Angelo Oliva per le varie patologie involutive.
A tutti i medici collaboratori, aiuti ed assistenti, si richiede la specializzazione in psichiatria con particolare conoscenza delle terapie psicofarmacologiche e biologiche, e dimostrata esperienza psicoterapeutica nei suoi vari indirizzi (psicoanalisi, terapie cognitivo-comportamentali, di gruppo etc.).
Come tutti i malati ricoverati in Casa di Cura, il malato psichiatrico viene alloggiato in camere singole, tutte dotate di telefono, bagno, cabina armadio, televisore e terrazzo.
Appena entrati in Casa di Cura i pazienti vengono sottoposti a dettagliata anamnesi e subito vengono dopo sottoposti a tutti gli esami generali di base e ad esami particolari secondo il caso (esami clinici specialistici, radiologici, ecografici, etc.).
I pazienti vengono controllati almeno due volte al giorno per valutare gli effetti delle terapie specifiche subito iniziate e per incontri di psicoterapia.
Quando necessario si provvede ad un’assistenza personale anche permanente, diurna e notturna, affidata ad accompagnanti adeguatamente preparati.
Questo tipo di assistenza si impone ovviamente ai malati non autonomi, ad alcuni psicotici ed ai depressi gravi.
La depressione: una malattia in continua crescita e sempre più socialmente rilevante
La depressione, indubbiamente tra le principali patologie psichiatriche, per il suo drammatico progressivo aumento è stata recentemente proclamata malattia di interesse sociale.
Oggi molti ne parlano e ne scrivono, spesso senza competenza alcuna, soprattutto per quanto riguarda la terapia, ingenerando notevole confusione.
Certamente la depressione è una malattia coesistente con un alterato biochimismo cerebrale (non diversamente, per esempio, dal diabete, ma ben più complessa) e può essere intesa come un’abnorme esaltazione delle normali oscillazioni dell’umore esistenti in tutti gli individui, oppure come un’alterazione patologica dell’umore, diversa comunque dalla normale tristezza.
Ciò ovviamente non significa che un trauma psichico o stress prolungati, particolari eventi psico-sociali (lutti, pensionamento, precedenti esperienze di separazione nell’infanzia), determinate malattie o particolari trattamenti farmacologici non possano provocarla (depressioni psicoreattive o iatrogene).
Tuttavia perché il lutto, le frustrazioni, gli insuccessi possano determinare la depressione, occorre ammettere l’esistenza di una particolare labilità nella omeostasi timica, ovviamente diversa nei singoli casi.
Infatti come nel soggetto normale, non predisposto al diabete, gli eccessi alimentari provocano obesità, ma mai il diabete, nel soggetto non predisposto alla depressione i vari stress esistenziali non determinano la depressione e vengono vissuti e gestiti entro i confini della tristezza.
Esistono diverse forme di depressione: essa è infatti una malattia polisintomatica, può cioè esprimersi con netta prevalenza psichica (per esempio in una dominante ideazione suicida) oppure somatica (somatizzazioni osteo-articolari, cardiocircolatorie, gastroenteriche etc.) e può altresì alternarsi ad esaltazioni dell’umore in senso euforico-maniacale, dando luogo a quadri clinici veramente assai vari e complessi, talora di difficile diagnosi.
La Casa di Cura “Le Betulle” è particolarmente attrezzata e specializzata ad affrontare con rapidità ed efficacia il problema: per questo tipo di patologia, infatti, la durata dei ricoveri è spesso inferiore ai 10-15 giorni e difficilmente si protrae oltre il mese.
Per un’ottimale gestione della terapia vanno tenuti presenti alcuni principi fondamentali:
- I mezzi per curare la depressione sono essenzialmente gli psicofarmaci antidepressivi (circa una cinquantina di sostanze sintetizzate in 50 anni di ricerca) coadiuvati da una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale.
- La scelta del farmaco col quale iniziare il trattamento si opera sulle caratteristiche cliniche della forma depressiva, cioè guidata essenzialmente dai sintomi, oppure dalle risposte in trattamenti precedenti (“anamnesi psicofarmacologica”), oppure ancora dalle risposte ai farmaci di un parente di primo grado; in alternativa, infine, sulla base della “statistica inconscia”, cioè dell’esperienza del medico maturata negli anni.
- Come già detto, la risposta agli psicofarmaci è sempre personale, spesso imprevedibile, talora paradossale; cioè lo psicofarmaco che dovrebbe anche sedare può indurre agitazione e viceversa quello che dovrebbe stimolare può dare sonnolenza, magari anche sgradevole: quindi, soprattutto nel malato ambulatoriale, si impone cautela iniziale nel dosaggio.
Il farmaco che esercita effetti sicuramente negativi va rapidamente sostituito con farmaci di caratteristiche farmacodinamiche diverse, magari opposte.
Se invece esercita effetti sicuramente positivi va aumentato nel dosaggio anche decisamente, specie nel malato ricoverato.
Quando possibile è utile, per un più rapido riscontro degli effetti, la prova del farmaco iniettato per via parenterale, meglio venosa.
Spesso l’insuccesso di una terapia dipende da una dose insufficiente. - Non è vero che i farmaci sintetizzati più recentemente devono essere di prima scelta, che va invece effettuata sulle caratteristiche cliniche della forma depressiva da curare: per esempio è errato utilizzare gli SSRI (serotoninergici selettivi) in presenza di una depressione con somatizzazioni gastroenteriche (nausea, vomito, ansia allo stomaco etc.) meglio influenzata dalla “vecchia” amitriptilina e derivati.
- In alcuni casi, specie nei “pazienti non responders”, può essere utile l’associazione di diversi farmaci antidepressivi tenendo ben presenti le reciproche incompatibilità (presuppone notevole preparazione del medico).
Tali farmaci antidepressivi possono essere utilmente associati anche ai sali di litio, agli ormoni tiroidei e ad altri farmaci psicoattivi.